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Se ne parla da anni, ora facciamo davvero…Un cambiamento radicale della Magistratura.

“La funzione giurisdizionale è esercitata da magistrati ordinari, assunti a seguito di concorso pubblico, elezione o nomina onoraria, istituiti e regolati dalle norme sull’ordinamento giudiziario”: si annuncia una riforma copernicana portata avanti dal novellato art. 102 della riforma costituzionale presentata dal sen. Manuel Vescovi, ossia la possibilità che a fianco della nomina di magistrati vincitori di concorso pubblico e di tipo onorario, compaia la figura del magistrato “eletto”.

Il concorso è lo strumento principe e quasi esclusivo per divenire magistrati, che vede come unica eccezione i magistrati c.d. onorari (ad esempio: giudici di pace e giudici onorari di tribunale e vice procuratori onorari), nominati non a seguito del superamento del concorso ma direttamente, scelti fra avvocati, accademici o altre professionalità, nel rispetto di specifiche e motivate ragioni e in presenza di requisiti predeterminati e tassativi.

Ora con questa riforma si prospetta l’inserimento in seno alla magistratura anche di quella di origine elettiva, come negli States: la magistratura giudicante e requirente può essere eletta da uno specifico corpo elettorale territorialmente delimitato. Vicina all’ordinamento giuridico statunitense si intravede la rimodulazione dell’art. 117 Cost., che consegna alla legislazione esclusiva dello Stato federale la disciplina della giurisdizione e delle norme processuali di livello federale, oltre la giustizia amministrativa federale, rimettendo ai singoli Stati (ex Regioni) le prescrizioni normative per le questioni afferenti alla giustizia di quel territorio.

La stessa modalità concorsuale riceverà robusti scossoni dall’inserimento nel testo riformatore della suddivisione della magistratura in giudicante e requirente, nonché dall’istituzione di due Consigli Superiori della Magistratura (giudicante e requirente) distinti e autonomi fra di loro: vedrà la luce la biforcazione del concorso, l’uno per divenire magistrati giudicanti, l’altro per essere nominati magistrati requirenti.

I cambiamenti epocali non finiscono qui e continuano con le modifiche degli artt. 104, 105, 106 e 107 della Costituzione.

La magistratura viene suddivisa, come già rimarcato, in giudicante e requirente (ad esempio, nella prima rientrano i giudici di tribunale, mentre nella seconda i pubblici ministeri presso il tribunale).

L’autonomia acquisita dalle due magistrature comporta la nascita di due CSM (Consiglio Superiore della Magistratura), uno giudicante e l’altro requirente, della durata di quattro anni, soppiantanti quello attualmente esistente.

Il numero dei loro componenti deve essere definito per legge mentre quello vigente ne vede 24, cui si aggiungono i membri di diritto: Presidente della Repubblica che lo presiede, il Primo Presidente della Corte di Cassazione e il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione.

I criteri e le modalità di composizione del CSM dei giudicanti sono di due tipi: per legge e per sorteggio fra professionisti con specifiche caratteristiche inseriti in un elenco formato ogni quattro anni dal Parlamento federale; il Primo Presidente della Corte di Cassazione ne è membro di diritto.

Medesimo discorso, seppur con qualche variante, per il CSM dei requirenti; il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazioni ne è membro di diritto.

Il componente scaduto del CSM dei giudicanti e dei requirenti, trascorsi quattro anni, non può far parte di quello che gli subentrerà, saltando così un giro.

Il Presidente della Repubblica non è più a capo dei due CSM, in quanto i loro Presidenti sono eletti dai rispettivi CSM fra i componenti individuati per sorteggio.

I due CSM si occupano di adottare provvedimenti di ogni genere in ordine allo status e alle vicende afferenti alla vita professionale dei magistrati giudicanti e requirenti, anche in merito alla inamovibilità, spettandogli il compito di provvedere alla dispensa o sospensione dal servizio di questi ultimi o alla loro destinazione ad altre sedi o funzioni.

Di grande importanza la novità che vede l’impossibilità di svolgere attività politica per i magistrati giudicanti e requirenti.

Non solo.

La vecchia battaglia del Ministro della Giustizia Castelli (2001-2006) condotta per via di decretazione legislativa (ossia ordinaria), viene trasposta sul piano costituzionale, immettendo nella Carta la separazione dei concorsi e, quindi, delle carriere e, con essa, la non fungibilità e la mancata osmosi fra magistratura giudicante e requirente.

Questa è la pietra miliare delle modifiche che non potrà che condurre il sistema verso un miglioramento per il “Servizio Giustizia”.

Le innovazioni non finiscono qui.

Il Legislatore ha previsto l’estensione della possibilità di nominare come giudici, non solo presso la Corte di Cassazione (come è odiernamente) ma presso qualsiasi ufficio giudiziario giudicante, i professori ordinari in materie giuridiche e gli avvocati con almeno quindici anni di esercizio.

Da ultimo ma non ultima la “bomba atomica”: (art. 112 Cost. così come rivisitato dalla riforma costituzionale Vescovi): “Il Pubblico ministero ha la facoltà di esercitare l’azione penale.”

Facoltà non obbligo.

Questa è una antica querelle: la necessità o meno di introdurre e mantenere in Costituzione l’esercizio obbligatorio della azione penale da parte del pubblico ministero. Nei Paesi anglosassoni, al pari degli Stati Uniti e del Regno Unito, l’obbligatorietà dell’azione penale non sussiste, come non la si registra nella Carta spagnola (presente, però, all’interno del codice di procedura penale), parimenti a quelle dei Paesi di idioma francese (Francia e Belgio), nelle quali vige l’opportunità dell’azione penale nel rispetto delle linee guida di politica criminale dettate dalle Assemblee legislative.
In Italia v’è l’obbligatorietà innalzata a dignità di dogma, pur essendo, in fin dei conti, soltanto un appariscente simulacro, risiedendo solo nell’inchiostro. In realtà, i magistrati inquirenti scelgono ogni giorno – vista la mole di “carte”, la scarsità del personale magistratuale, amministrativo e di polizia e la penuria di mezzi e fondi – se procedere o meno: nelle aule giudiziarie l’azione penale è già da tempo una opzione (interrogandomi se sia stata mai realmente obbligatoria): l’art. 112 viene radicalmente modificato intercettando finalmente la realtà che, nella sua saggezza pratica, aveva buttato giù da quel dì il totem, tra la farsa e la tragedia, della obbligatorietà.

Prof. Fabrizio Giulimondi