Raccolta differenziata, l’Italia cresce ma è ancora indietro.
Sul sito di OpenPolis c’è una cartina dell’Italia a colori. Più della metà dello Stivale è rosso. Dove rosso non sta ad indicare una zona ad alto rischio Covid-19. Perché questa cartina non parla del livello di contagiosità nelle diverse Regioni d’Italia, ma ci restituisce l’immagine di un Paese vittima degli stessi rifiuti che consuma. Troppi. E soprattutto gestiti malissimo. Perché OpenPolis ci dice che il nostro Paese è ben lontano dall’obiettivo sulla raccolta differenziata. Pensate che entro il 31 dicembre 2012 avremmo dovuto raggiungere il 65% di raccolta differenziata. Soltanto due anni fa, la media si attestava al 58% (con sole sette regioni su venti sopra questo livello), comunque ben al di sotto delle aspettative e degli obiettivi che ci si era prefissati. Per legge.
Sì, perché la materia è delicata ed il legislatore è intervenuto per disciplinare e stabilire obiettivi e condizioni nella gestione della raccolta dei rifiuti, sia sul piano europeo, con una direttiva del 2018, sia sul piano nazionale con una legge del 2006. Obiettivo mancato per il nostro paese. Anche se qui la media ci aiuta a capire molto, ma, come al solito, l’Italia viaggia a due motori. E analizzare alcuni dati riportati su base regionale meritano una valutazione.
Il binario in testa al treno vede il Veneto come la regione con la percentuale più alta di raccolta differenziata sul totale dei rifiuti urbani. Parliamo di un dato che sfiora il 74%. Seguono, poi, il Trentino Alto Adige e la Lombardia. Male, molto male, i dati che riguardano il sud del Paese. Con Calabria, Molise e Sicilia che chiudono questa triste classifica.
La buona notizia è che rispetto allo scorso anno ci sono ben 50 comuni in più nella lista dei territori virtuosi, cioè quelli che producono pochi rifiuti indifferenziati destinati allo smaltimento.
Che fare, dunque, per risolvere la questione? Come affrontare il problema? Intanto, la prima soluzione, quella più immediata, sarebbe quella di avviare una campagna di sensibilizzazione tra i cittadini che fanno ancora fatica a gestire e smaltire i propri rifiuti. Il nodo della questione, però, probabilmente non sta tanto nella mancanza di volontà, quanto in una disaffezione e perdita di credibilità che il cittadino stesso nutre nei confronti del nostro Paese. Perché se tutti fossimo a conoscenza di come vengono smaltiti i nostri rifiuti, forse ci impegneremmo tutti di più. Il punto è che non abbiamo nessuna certezza che questo meccanismo funzioni come dovrebbe. Anche perché, se tutte le Regioni avessero impianti propri per smaltire i rifiuti prodotti sul territorio, probabilmente non dovremmo assistere tutti i giorni a tutti quei passaggi di tir dal sud al nord dell’Italia, o addirittura anche verso l’estero, per la gestione di quei rifiuti. Passaggi che, tradotto, vuol dire tanto inquinamento per l’aria ma soprattutto tanti soldi. Soldi pagati dai cittadini italiani.
Irma Annaloro