Quali perplessità potrebbe incontrare il disegno di Legge Costituzionale?
Il disegno di Legge Costituzionale a firma del senatore Manuel Vescovi, con la previsione di una Repubblica Federale democratica che riconosce e promuove le autonomie locali (articolo 5), composta da Stati federati, potrebbe incontrare le perplessità dei fautori della integrazione globale, dei governi e degli organismi sovranazionali, che attribuiscono al cosiddetto nazionalismo – verso il quale gli ultimi accadimenti politici nella Gran Bretagna (cosiddetta Brexit) e negli Stati Uniti (elezione del Presidente Donald Trump) sembrano nuovamente rivolgersi – la colpa delle guerre mondiali dello scorso secolo.
Ma è davvero il nazionalismo il male assoluto della nostra epoca? Per molti secoli, quantomeno a fare data dalla Guerra dei Trent’anni con il rafforzamento del protestantesimo, abbiamo assistito ad un ordine di nazioni indipendenti fondate sulle proprie tradizioni e su rapporti di mutua fedeltà tra la popolazione, governate da colui al quale veniva demandata la difesa del proprio popolo, fortemente ancorato alle proprie tradizioni, in ossequio ai principi di autodeterminazione ed indipendenza delle nazioni. Sono stati certamente secoli di forte sviluppo culturale ed economico. A seguito delle due guerre mondiali, e soprattutto dei crimini delle forze tedesche, molti individuarono nel nazionalismo, inteso appunto come Stato nazionale, così come nel particolarismo religioso, la causa di tutti i mali, dimenticando peraltro che in realtà la volontà dei vertici militari tedeschi era quella di costituire uno Stato di natura imperiale, nell’intento di dominare l’intera Europa, con un deciso superamento proprio del concetto di stato nazionale.
A tale proposito, il cardinale Giacomo Biffi nell’anno 2007, all’atto di richiamare il pensiero del filosofo russo, di estrazione cattolica, Vladimir Solov’ev, ebbe modo di porre in evidenza come il predetto filosofo avesse proprio previsto che una volta persuasi gli europei che i danni connessi alla guerra derivavano dalla rivalità tra le nazioni, i medesimi avrebbero dato vita agli Stati Uniti di Europa, con conseguente abbattimento degli stati nazionali e delle identità nazionali, e nascita di un pensiero comune (Antonio Socci – Il Dio Mercato, La Chiesa e l’Anticristo, Rizzoli): quanto fondata risulta oggi detta premonizione del filosofo russo. Sappiamo anche che l’Unione Europea, di stampo fortemente tecnocratico sulla quale, quantomeno sotto questo profilo, sollevava dubbi persino il cardinale Ratzinger, sorta come organismo sovranazionale sulle ceneri del pensiero nazionalista, ha persino negato, probabilmente nell’ottica della contrarietà a qualsivoglia particolarismo religioso, qualsiasi riconoscimento alle proprie radici cristiane, omettendone volutamente uno specifico richiamo all’interno della Costituzione (radici cristiane richiamate invece nella bandiera europea, con le dodici stelle che incoronano la Madonna).
Peraltro, come posto in evidenza da Michel Onfray (“Teoria della dittatura” – Ponte alle Grazie), l’idea di Europa come superamento degli stati nazionali, idonea, in una sorta di ottica salvifica, a porre fine alla disoccupazione, a creare una vera amicizia tra i popoli, garantendo una prosperità generale grazie anche ad una armonia sociale garantita dall’alto, ha mostrato tutti i suoi limiti. Ed allora, di fronte all’esempio di una Europa così congegnata, la visione del nazionalismo inteso come un ritorno alla barbarie di una epoca passata, non può assolutamente essere aprioristicamente accolta, trovandosi al contrario nel nazionalismo quella “caratteristica libertà condivisa da un popolo, i cui membri siano fedeli l’uno verso l’altro, capace di indirizzare le proprie energie per migliorare sempre più sulla scorta del proprio peculiare patrimonio culturale e simbolico ( “le virtù del nazionalismo” Yoram Hazony).
In altri termini, siamo certi che “in un mondo che aspira all’Impero” e nel quale il progresso “consiste nel governare il popolo senza il popolo” (Michel Onfray cit.) tutto ciò che risulta essere “sovranazionale” sia da preferire al nazionalismo, correttamente inteso? L’argomento meriterebbe certamente ulteriori approfondimenti.
Avv. Silvio Pittori