LA MAGISTRATURA ED IL MANCATO BAGNO DI UMILTA’
Oramai è noto come il progetto di riforma costituzionale del senatore Vescovi abbia anticipato i tempi di quasi un anno, prevedendo una riforma del titolo IV della nostra Costituzione, rubricato “La Magistratura”, particolarmente incisiva sui temi della Giustizia, prevedendo persino quella separazione della carriere, con conseguente creazione di due distinti Consigli Superiori della Magistratura, oggetto attualmente di uno dei quesiti referendari proposti dalla Lega Salvini Premier, dai Radicali e dai Socialisti. Il diritto di indire referendum popolare non soltanto è sancito dalla nostra Costituzione, ma costituisce un principio cardine della democrazia rappresentativa, come tale degno di doveroso rispetto da parte di tutti coloro che vivono all’interno di una democrazia appunto, e particolarmente da chi rappresenta i poteri e le funzioni dello Stato. Al cospetto di detto diritto costituzionalmente garantito, è risultata quantomeno singolare la presa di posizione dell’associazione nazionale magistrati che ha evidenziato il proprio dissenso rispetto al referendum sulla Giustizia che, secondo la medesima associazione, esporrebbe i magistrati i ad un giudizio di “gradimento” da parte dei cittadini. Se la presa di posizione non risultasse di particolare, oggettiva gravità, potremmo rispondere ironicamente, “embè”? Non è forse vero che tutti noi, come singoli e come appartenenti talvolta ad ordini professionali, ad associazioni di categoria et cetera, siamo quotidianamente sottoposti al giudizio altrui? Non è forse vero che ogni cittadino evocato nelle aule di Giustizia, è esposto al giudizio di un terzo, chiamato a ius dicere? Gli stessi rappresentanti del popolo, i politici, sono sottoposti al giudizio popolare, che si esprime non soltanto in occasione di contestazioni più o meno organizzate nel corso della legislatura, ma, principalmente, in coincidenza con le tornate elettorali. Ed allora, per quale fondata ragione i magistrati non dovrebbero essere sottoposti ad un giudizio di gradimento, giudizio che peraltro è assente nei quesiti referendari? Al cospetto di una Giustizia avvertita dai cittadini, nel corso degli ultimi quindici anni, sempre più traballante, di fronte a scandali interni alla Magistratura che stanno ammorbando il vivere civile (la Giustizia è uno dei pilastri di ogni democrazia), non sarebbe persino auspicabile per i Magistrati essere sottoposti ad un giudizio di “gradimento”, così da avere effettiva contezza di quanta approvazione goda, da parte dei cittadini, la Magistratura? Anche soltanto per sana “curiositas”. D’altronde, lo stesso Ministro della Giustizia ha evidenziato come sia “un momento di crisi di credibilità e fiducia della Magistratura”, esprimendo, lo ripetiamo, il pensiero che da anni affligge il Popolo, spesso disorientato davanti ad alcuni accadimenti (si pensi anche al processo Eni ed alle ricadute di immagine ed economiche per il nostro Paese anche sotto il profilo internazionale). E’ pertanto singolare che al cospetto di tutto ciò la Magistratura faccia un passo indietro di circa venti anni, tornando al grido ”resistere, resistere, resistere”: sarebbe stato infatti auspicabile un bagno di umiltà, quale origine per una ripartenza anche nel doveroso rispetto di quei magistrati, la maggioranza, che ogni giorno svolgono al meglio e con senso etico la loro delicata funzione.
Silvio Pittori