L’ AGENDA DI GOVERNO E LA TELA DEL RAGNO
Ricucire laddove si è lacerato e tessere laddove si tende a disunire. Queste le parole d’ ordine che dovranno contrassegnare l’ attuale Governo Draghi che ha nella sua mission insititutiva la lotta alla pandemia in primis e in non minor misura la rinascita del Paese da tirare fuori dalle sabbie mobili in cui è finito ad opera di un di una recessione che morde e di una gestione della stessa ancor peggiore del male che contrastava.
Se sul primo fronte (la pandemia) siamo purtroppo in pessime mani nonostante l’ auspicio di tutti rimanga che l’ attuale Premier al di là della dovuta investitura formale sappia poi “adeguatamente commissariare l’ attuale gestione” sottraendola alla sua demenziale gestione del duo Speranza – Cimabue Arcuri, molto più fiduciosi dovremmo esserlo sul secondo fronte (quello economico), a patto che la dabbenaggine del suddetto duetto non ci metta del suo ad inficiare l’ opera del secondo: vedasi la disastrosa questione degli impianti di sci.
Di certo rimane che l’obiettivo fondamentale del Governo, per bocca dello stesso Draghi, è mettere “in sicurezza l’Italia” e “costruire le basi per il suo futuro”. Cosa quest’ ultima per la quale si vede anche qui costretto a richiedere la coesione e la collaborazione delle attuali forze politiche: “L’unità non è un’opzione, è un dovere”, chiosa quest’ ultimo, che continua affermando saggiamente che “Le differenze devono essere elemento di ricchezza e devono servire per affrontare insieme questo disastro”. Di qui l’ esigenza di riformulare il piano vaccinale di massa, aprire le scuole, avviare la transizione ecologica, guidare la ripresa ma, soprattutto, riscrivere il Recovery Plan e definire le procedure di gestione dei fondi eliminando tute le sciocchezze di cui si stavano riempiendo.
Questo quello che emerge fin da subito dalla prima riunione del primo Consiglio dei Ministri in cui il Premier avrebbe parlato di unprogramma di breve periodo finendo per concentrarsi su tutte le consequenziali urgenze da risolvere a partire appunto dalla riformulazione del suddetto piano vaccinale, senza il quale tutto il resto diviene velleitario. Poi potrà parlarsi di altro come apertura delle scuole, innovazione, lavoro, sviluppo modernizzazione e transizione ecologica con misure “non in contrasto con l’urgenza di creare e difendere il lavoro” . Aspetti questi ultimi ribaditi da Draghi nel contesto internazionale da cui riceve il generale plauso in vista del ruolo predominante che si accinge a ricoprire l’ Italia nel G 20.
Fondamentale pertanto andare a declinare quanto sopra in relazione alla costituenda agenda di Governo per la quale Draghi, non a caso, aveva accennato alla creazione di una piattaforma nazionale per il piano di vaccinazione, con il coinvolgimento della Protezione civile arrivando alle 300mila vaccinazioni al giorno, ma subito dopo soffermandosi ed inserendovi altre questioni prioritarie in rapida scadenza come il decreto mille proroghe nel quale ci sono questioni assai importanti come la proroga della cassa integrazione, delle concessioni delle trivelle, l’ Ilva di Taranto, la proroga del blocco dei licenziamenti e tanto altro senza dimenticare come ad oggi la transizione ecologica, diventata la parola d’ordine stente il fatto che l’ambiente è al centro del piano europeo di ripresa. Per questa il nuovo ministro Roberto Cingolani avrà a disposizione almeno 77 miliardi di euro, il 37% del Recovery italiano, per impostare una strategia di lungo periodo di crescita sostenibile e riduzione delle emissioni.
Abbiamo poi la scuola più volte citata come uno dei capisaldi del programma per la quale si parla di voler recuperare il tempo perso, con un consequenziale aumento del calendario scolastico, nonché la riapertura dei concorsi per occupare le circa diecimila cattedre vacanti da inizio anno scolastico.
Se su quest’ ultimo punto paiono non esservi particolari problemi, non così tuttavia sul primo aspetto sul quali le lobby sindacali non hanno tardato a farsi sentire. Le stesse lobby sindacali come la CIGIL che non ha esitato a definire il Ministro Brunetta il peggior ministro si potesse avere. Celebre la sua lotta ai furbi del tesserino e alla istituzione degli indici di valutazione delle performance individuali e collettive dei pubblici dipendenti che i sindacati non hanno mai digerito.
Ma i temi più importanti tasselli sono ovviamente e senz’ altro quelli economici per i quali il ruolo del fisco è ovviamente l’ aspetto predominante. I rumors qui parlano di una riforma fiscale progressiva, con una possibile riduzione del cuneo fiscale a beneficio dei redditi medio bassi che ne trarrebbero maggiore beneficio. Un deficit di bilancio sul piano delle entrate che dovrebbe essere colmato previo il ricorso al solito mantra che parla di una adeguata ed efficiente attività di contrasto al fenomeno dell’evasione fiscale. Chissà che questa non sia la volta buona.
Ma se si parla di rilancio dell’ economia non manca anche qui il richiamo alle teorie del moltiplicatore economico, una costruzione di keinesiana memoria punto centrale della “teoria classica” che vuole l’ aumento del reddito, e quindi della domanda interna, come diretta conseguenza degli investimento dello Stato anche in opere pubbliche. Di qui l’ esigenza di modernizzazione che passa anche attraverso il rilancio di queste ormai ferme da troppo tempo ancora una volta per colpa dei soliti noti e le lor folli idee: di qui nuovi impianti ferroviari ad alta velocità, con indubbi riflessi sulla cosiddetta green economy anche in termini di riduzione delle emissioni di CO2 determinati dal tradizionale trasporto su gomma delle merci.
Ma non vi sarebbe sviluppo senza la modernizzazione della pubblica amministrazione per la quale figurano anche la digitalizzazione di tutti gli istituti scolastici e il cablaggio di tutte le aree del Paese in vista della famigerata transizione digitale per la quale il nuovo ministro Colao, potrà disporre di non meno del 20% dei fondi del Recovery, cioè 40 miliardi di euro, per interventi anche legati alle priorità del cosiddetto 5g, ed il completamento della banda larga.
Infine il programma di Governo dovrà anche affrontare lariforma dell’ ordinamento della giustizia a partire da quella civile, e ovviamente penale, per la quale, oltre alla non più rinviabile questione della separazione delle carriere, dovranno ora essere sterilizzati i perfidi effetti della disastrosa riforma della prescrizione voluta dall’ altrettanto pessimo Buonafede. Altro oscuro e semi sconosciuto individuo di rare virtù intellettuali e giuridiche partorite dal cilindro dei cinque stelle e salito all’ onore delle cronache per essere riuscito a liberare in due o tre giorni i peggiori boss della malavita organizzata arrestati in anni ed anni di faticose indagini ed attività della polizia giudiziaria. Aspetto questo ultimo per il quale siamo divenuti ridicoli di fronte a tutta la comunità internazionale.
Una riforma della giustizia che, a prescindere di quanto sopra, ad oggi costituisce uno dei principali problemi del Paese a causa delle sue inefficienze e rallentamenti strutturali che la neo ministra Marta Cartabia sarà chiamata a fronteggiare visto che una cosa è affrontare con uno sforzo congiunto la lunghezza esasperante dei processi penali e civili, che scoraggiano anche gli investitori stranieri, tutt’altra è accendere la guerriglia parlamentare tra giustizialisti e garantisti sulla durata di un processo penale che per i Cinque Stelle potrebbe anche tendere all’infinito. Il nesso inscindibile tra legalità e credito non è posto li a caso ed è ben noto che una Paese senza una effettiva e funzionale giustizia è un Paese senza futuro.
Lo stesso metro vale per l’altro grande totem degli ultimi anni: la gestione dei flussi migratori per i quali alla ministra Lamorgese, riconfermata agli Interni, non a caso viene richiesto un autorevole “cambio di passo” visto che numeri alla mano gli sbarchi del 2020 (34.134) siano il triplo di quelli dell’anno precedente (11.471). La questione migratoria richiede pertanto un nuovo approccio globale che tenga insieme solidarietà e sicurezza.
Sono tante pertanto le cose da farsi, sia pure con margini di manovra ristretti vista la riottosa e litigiosa presenza in Parlamento di forze politiche ormai lontanissime dal sistema Paese, ma dalle cui mani dovrà discendere l’ approvazione di tutti i provvedimenti necessari nonostante ministri dello spessore di Daniele Franco, Vittorio Colao e Roberto Cingolani diano garanzia di assoluta competenza ed efficienza per mettere in sicurezza la parte più importante e cospicua dei fondi per la rinascita nazionale.
Ma come dicevo la volta scorsa questi giochi di equilibrio hanno portato alla nascita di un Governo ibrido. per metà serio ed efficiente universalmente riconosciuto dalla comunità internazionale, e per l’ altra formato da soggetti assolutamente incapaci e non all’ altezza della situazione come nel celebre romanzo di Robert Louis Stevenson, il Dottor Jeckyll e Mr.Hyde, o, se preferite, quasi come un Giano bifronte, con permanente rischio di rissa e bagarre dei ministri politici (il gabinetto allargato, magari con l’aggiunta di fenomeni da talk show) e ministri tecnici e professionalmente competenti. Una rissa che rischia seriamente di intaccare l’ efficienza dell’ azione di governo nella sua interezza, trascinando nel consueto clima da opera buffa l’ attuale tempesta perfetta in atto, e nonostante l’ Italia oggi tutto possa permettersi meno di avere due governi paralleli, uno serio e uno fatto di persone improvvisate.
La speranza rimane pertanto quella di un attuale Premier che possa riuscire a tenere la barra dritta evitando che gli svarioni degli inetti non compromettano l’ opera dei migliori, riservando ad un tempo a venire il completamento dell’ agenda di Governo, dopo aver ovviamente messo il Paese in sicurezza al di fuori degli scogli e della tempesta.
Un Governo a quel punto che si spera sia portato avanti e sostenuto da una nuova coalizione politica che si auspica verrà espressa dalle urne a seguito di nuove elezioni, possibilmente subito dopo una riforma della legge elettorale che come dissi dovrebbe essere più selettiva che rappresentativa.
Occorrerà ovviamente prendere atto che per la realizzazione di ciò occorrerà pazientare ed anche molto: ma, poco male in quanto, come scritto nel biblico Ecclesiaste, c’è un tempo per ogni cosa e ogni cosa verrà a suo tempo.
Mauro Mancini Proietti