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IL NUOVO MESSIA CHIAMATO VACCINO

Uno dei quesiti referendari promossi dalla Lega e dal partito Radicale attiene alla responsabilità civile dei Magistrati. Si afferma comunemente che trattasi oramai dell’ultima categoria di “lavoratori” che goda di una sorta di impunità, non rispondendo dei propri errori se non indirettamente e soltanto nei casi più gravi, in presenza di dolo o di colpa grave. Si tratta di un’affermazione frutto di un errore di prospettiva. Nel corso dell’ultimo anno si è infatti manifestata sul proscenio un’ulteriore categoria di “lavoratori”, alla quale, godendo anch’essa di una apparente assoluta impunità, è consentita qualsiasi affermazione seppure idonea ad influenzare scelte significative di ciascuno di noi. Si tratta della “categoria” dei virologi, chiamati a quotidianamente dispensare la propria opinione, talvolta oscillante, quali portatori della nuova religione planetaria, che riconosce nel vaccino la nuova figura messianica. Nel contempo, si è assistito ad una sorta di ghettizzazione degli scienziati, persino di quelli nobilitati dal Nobel, capaci di esprimere scientifiche perplessità sul nuovo Dio, ai quali è interdetta qualsiasi apparizione sulle tv e sui quotidiani principali. Costoro si vedono infatti costretti a registrare il loro dissonante pensiero su file audio/video, quali testimonianze a futura memoria, in quanto i concetti da loro espressi, seppur originati dai medesimi corsi di studio partecipati dagli acclamati virologi fautori del vaccino, non sono a priori altrettanto degni di pubblico interesse. Sappiamo tutti come i sostenitori della nuova religione abbiano gioito al cospetto dell’obbligo vaccinale imposto per legge ai sanitari (un obbligo che con il consenso informato crea una sorta di ossimoro: chi è obbligato per legge a sottoporsi ad un vaccino, quale consenso informato può essere chiamato a rilasciare?), e come, iperstimolati dal nuovo obbligo palesemente incostituzionale a causa quantomeno della limitata sperimentazione del vaccino, si spingano oramai ad auspicare con forza un obbligo vaccinale esteso a tutta la popolazione, bambini compresi, in siffatto augurio sostenuti dalle tv e dai giornali, tranne qualche eccezione. Si acclama il vaccino quale atto dovuto verso la Comunità, avente natura asseritamente altruistica: di fronte al male assoluto, impersonato dal Covid, il Bene assoluto, il Salvatore, chiamato vaccino. In realtà vaccinarsi risponde, per i più, ad un atto di natura egoistica: la riappropriazione, vera o presunta, del proprio diritto a godere della libera circolazione mediante l’oramai acclamato “green pass”. In questo crescendo rossiniano di cultura vaccinale, l’auspicio dei sostenitori del vaccino è che chi decide consapevolmente di non vaccinarsi, diventi un cittadino di seconda classe, una sorta di rinnegato, di paria, al quale sia interdetto ogni evento pubblico e persino la partecipazione in presenza alla scuola cosiddetta dell’obbligo: la punizione per l’eretico, comminata da una sorta di nuova inquisizione. Non sono un medico, pertanto mi asterrò dall’affrontare argomenti tecnici complessi, limitandomi a porre alcune domande che attendono ancora convincenti risposte, in assenza di auspicabili dibattiti tra voci contrapposte. Se davvero il vaccino è la panacea di tutti i mali, la fonte unica della riduzione dei casi di malattia, perché già ad aprile, agli albori pertanto della vaccinazione di massa, i casi si erano già drasticamente ridotti? Perché sentiamo parlare soltanto raramente di quelle cure, oramai note, che consentono di curare appunto la patologia senza la necessità di ricorrere, quantomeno nella maggior parte dei casi, alle terapie intensive (la Gran Bretagna, impegnata con la nuova ondata, ne dà testimonianza)? Perché non traghettare finalmente i cittadini dalla tanto ministeriale vigile attesa, alla collaudata vigile cura? A meno che non si voglia che la vigile attesa, identificandosi nell’attesa del domani, sia funzionale al senso di onnipotenza del vaccino imposto dalla nuova religione sanitaria. Corrisponde inoltre a verità che le case farmaceutiche siano tenute a depositare la relazione finale delle sperimentazioni cliniche nell’arco temporale 2022- 2024? In tale ipotesi, saremmo davanti ad una reale campagna di immunizzazione di massa o ad una sperimentazione tuttora in corso, che vede l’uomo soggetto passivo, cavia della stessa? Inoltre, si afferma da parte di insigni giuristi, peraltro correttamente, che nel caso di una donna in gravidanza, seppur esercente l’attività sanitaria, la stessa avrebbe diritto a rifiutare la vaccinazione anche a tutela del nascituro ed in nome della libertà di scelta anche di quest’ultimo. E’ allora lecito chiedersi se non sia doveroso porsi la stessa questione giuridica e morale, oltre che medica, nell’ambito della capacità procreativa futura di una donna che si sottoponga alla inoculazione obbligatoria del vaccino, con potenziali conseguenze su colui che ancora non è stato procreato. Non è infatti credibile che soltanto il nascituro, e non anche colui che potrà essere concepito, abbia diritto all’applicazione del principio consensualistico, per cui una donna sia libera di compiere una scelta che attenga oltre che alla propria vita anche a quella del nascituro già procreato, ma non anche del concepturus. Siamo certi che quel concepturus che per il nostro codice già prima di essere concepito può ricevere per testamento, non abbia il diritto di essere tutelato, sotto il profilo della propria salute futura, ai sensi degli articoli 2 e 32 della Costituzione, da quella libertà di scelta doverosamente riconosciuta ad una giovane donna che, in tale ottica, pretenda di non sottostare ad un obbligo vaccinale riconducibile ad un vaccino tuttora in fase di sperimentazione? Inoltre, non sarebbe quantomeno equo chiedere agli scienziati sostenitori del vaccino, ai fautori della ghettizzazione forzata dei non vaccinati, di garantire per iscritto che nessuna conseguenza negativa potrà conseguire in futuro alla inoculazione del nuovo Bene assoluto, né al vaccinato, né al nascituro né al concepturus? Ed invero, chi pretende un obbligo vaccinale esteso a tutti, o anche soltanto ad una parte della popolazione, dovrebbe essere tenuto ad assumersi le responsabilità morali ed anche economiche delle conseguenze, speriamo inesistenti, che affiorino a distanza di anni, tali da poter incidere sul destino dei popoli. Altrimenti dovremo prendere atto di essere al cospetto di una ulteriore categoria di “lavoratori” immuni da qualunque tipo di responsabilità, non potendo i medesimi essere chiamati a rispondere delle eventuali nefaste conseguenze delle loro indicazioni tecniche, oltretutto offerte al di fuori di qualsiasi pubblico confronto tra voci contrapposte: la decostruzione di ogni certezza e di ogni Assoluto rischia di condurre ad una volontà di potenza priva di responsabilità.
Silvio Pittori

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