24/02/2023 — Elezioni Regionali: vince l’astensionismo ma la colpa non è né della politica, né degli italiani
Le Elezioni Regionali del 12 e 13 febbraio hanno portato ad una vittoria schiacciante del centro destra sia nel Lazio, con il successo di Francesco Rocca, sia in Lombardia, con la riconferma del presidente Attilio Fontana. Esiti simili nonostante gli schieramenti in campo fossero differenti. Nel Lazio il Pd ha scelto l’alleanza con il terzo polo lasciando ai Cinquestelle la corsa in solitaria. In Lombardia Pd e grillini hanno corso insieme mentre il partito di Calenda ha preferito evitare qualsiasi alleanza. Una sinistra completamente divisa non poteva che portare ad un esito scontato della sfida ma, nonostante ciò il Partito Democratico è riuscito a portare a casa un risultato dignitoso mentre Cinquestelle e Terzo Polo, reduci da percentuali ridicole, possono ritenersi i veri sconfitti della tornata elettorale. Ancora una volta non manca il solito ritornello sull’astensionismo, il vero vincitore anche in questo caso. L’affluenza al 37% nel Lazio ed al 42% in Lombardia registra però un vero e proprio record negativo. Un dato che non può essere superficialmente derubricato facendo riferimento al progressivo accentuarsi di un fenomeno sempre più diffuso nel Paese.
Prendendo in considerazione i dati dell’affluenza nelle scorse tornate Regionali in Lazio e Lombardia si possono provare a comprendere le cause che hanno condotto a questa situazione.
Nel 2018 il rinnovo dei due Consigli Regionali coincideva con le elezioni politiche e l’affluenza ne ha beneficiato positivamente con il 66% nel Lazio ed il 73% in Lombardia. Lo stesso è avvenuto nel 2013 con il 72% nel Lazio ed il 77% in Lombardia. Nel 2010 le elezioni politiche non si sono sovrapposte alle Regionali ma, nonostante ciò, le Regioni alle urne erano ben 13. La cassa di risonanza mediatica era quindi garantita ed ha portato ad un’affluenza del 61% nel Lazio e del 65% in Lombardia. Con 13 Regioni al voto si ha avuto un’affluenza più alta di quella riportata il 12 e 13 febbraio scorsi ma comunque inferiore rispetto alle elezioni del 2013 e del 2018 che includevano le politiche. Un dato che rivela quanto sia potente l’effetto traino di una chiamata alle urne nazionali poiché, pur coinvolgendo 13 Regioni, il risultato globale dell’affluenza è più basso delle due elezioni successive, nonostante il fenomeno dell’astensionismo sia andato aumentando con il passare degli anni.
È evidente che in prossimità di elezioni politiche o di consultazioni che coinvolgano numerose Regioni i media diano all’argomento gli spazi che merita, informando giocoforza i cittadini e garantendo il più possibile la consapevolezza del pubblico sulla chiamata alle urne. Nel caso di quest’anno, non essendoci stato alcun traino efficace, il tema delle elezioni nelle due Regioni più importanti del Paese è stato fortemente trascurato da alcune delle reti televisive più seguite in Italia. Il motivo però non è riconducibile solamente al fatto che il tema interessasse un target di audience limitato.
Ad esempio è fattuale che la maggior parte delle redazioni di La Sette avrebbe gioito per un’eventuale vittoria del centrosinistra. Si è quindi tralasciato l’argomento elezioni, consapevoli che la sconfitta sarebbe stata schiacciante e fiduciosi nel fatto che le truppe cammellate del Pd, fedeli e sempre informate, avrebbero compiuto il loro dovere, rendendo meno amaro un esito scontato. Paradossale che in quasi tutti i programmi della rete si sia parlato più delle primarie del Pd che delle consultazioni regionali.
In Rai, invece, prima si è dato, legittimamente e comprensibilmente, spazio alle marchette per il lancio di San Remo. Successivamente, mentre la settimana pre-elettorale si sovrapponeva alla settimana sanremese, ci si è concentrati, in maniera altrettanto legittima e comprensibile, sulle inutili e sterili polemiche riguardanti la rassegna canora. Un fenomeno che ha coinvolto a strascico tutte le reti televisive, tutti i giornali e tutto il dibattito social, monopolizzando l’opinione pubblica e facendo svanire completamente il tema elezioni proprio nella settimana decisiva. L’effetto di questo tipo di narrazione su un popolo scarsamente alfabetizzato e totalmente disinformato ha fatto sì che molti cittadini di Lazio e Lombardia non fossero minimamente a conoscenza della chiamata alle urne.
Un fattore simbolico è che lo share raggiunto da San Remo, intorno al 60%, corrisponda esattamente a quello degli astenuti. Ovviamente la correlazione tra i due numeri non è automatica e non è detto che i dati siano sovrapponibili, in ogni caso è un provocazione che fa riflettere.
Le scelte più che legittime dei nostri media hanno quindi portato ad un esito prevedibile. In certi salotti televisivi però si passa all’ipocrisia quando, per giustificare il fenomeno dell’astensionismo, si punta il dito contro la politica, ritenendola ormai lontana dalla gente e non in grado di coinvolgere i cittadini del tutto disaffezionati. Un fattore di certo esistente ma che può giustificare una scarsa affluenza in un contesto nazionale. A livello regionale, l’astensionismo da record dovrebbe essere spunto di riflessione e di sana autocritica per molti dei nostri professionisti dell’informazione.
Francesco Silveri