Di buone intenzioni sono lastricate le vie dell’inferno.
Molti nel barrare il SI sulla scheda quando si sono recati al seggio nelle ultime consultazioni referendarie confermative della legge costituzionale sul c.d. taglio dei parlamentari, hanno pensato che da lì a poco il Parlamento sarebbe stato svuotato di una banda di presunti “poltronari”.
Non è così signori miei! La disinformazione porta a far apparire agli elettori come semplici fatti estremamente complessi.
In primo luogo occorre rimodulare il numero dei delegati regionali per l’elezione del Capo dello Stato previsti dall’art. 83, comma 2, Cost: “All’elezione partecipano tre delegati per ogni Regione eletti dal Consiglio regionale in modo che sia assicurata la rappresentanza delle minoranze. La Valle d’Aosta ha un solo delegato.”.
Questa modifica costituzionale è necessaria per riequilibrare il numero dei rappresentanti regionali in seno al Parlamento in seduta comune, organo elettorale del Capo dello Stato. Il Parlamento in seduta comune passa, infatti, da 945 componenti (fra senatori e deputati, cui bisogna aggiungere i senatori a vita in quel momento presenti in Senato) a 600 (ai quali vanno sommati i senatori a vita che, se di nomina presidenziale, non possono superare le cinque unità). È palese che un conto sono 58 delegati regionali (tre per ognuna delle 19 regioni, più uno valdostano) in seno a 945 parlamentari (più i senatori a vita), altra cosa 58 su 600 deputati e senatori (oltre quelli a vita): la quantità di rappresentanti dei consigli regionali deve essere necessariamente abbassata ad opera di una legge costituzionale che incida sull’art. 83, comma 2, Cost.
La procedura di approvazione di un disegno di legge di tipo costituzionale è molto più complessa di una di natura ordinaria: v’è una prima deliberazione da parte dei due rami del Parlamento per passarne, trascorsi non meno di tre mesi, ad una seconda sempre sul medesimo testo; la prima e seconda deliberazione devono essere votate a maggioranza assoluta, ossia con il voto favorevole del 50% più uno dei componenti del Senato e della Camera; se nella seconda deliberazione la votazione è dei 2/3 dei deputati e dei senatori (maggioranza qualificata) allora l’articolato è approvato in via definitiva; qualora, invece, quest’ultima è compiuta solo con maggioranza assoluta può essere richiesto un referendum popolare confermativo di quel testo. La conferma e, pertanto, l’approvazione definitiva della legge costituzionale sussistono laddove si raggiunga il voto favorevole del 50% più uno dei partecipanti al voto.
Come potete agevolmente osservare la macchina legislativa costituzionale è articolata e lunga.
E non è finita qui. Bisogna comprendere se necessita di un intervento anche l’art. 57 Cost., il quale prevede l’elezione dei senatori su base regionale, oltre la prescrizione che nessuna Regione può avere un numero di senatori inferiore a sette, mentre il Molise ne può avere due e la Valle d’Aosta soltanto uno.
Ancora: il cambiamento di parti consistenti dei regolamenti parlamentari è urgentissima, in quanto la corposa riduzione del numero di parlamentari comporta fatalmente il blocco delle attività parlamentari, specie delle commissioni permanenti. I regolamenti parlamentari sono approvati e modificati con la maggioranza assoluta dei rispettivi componenti, ossia con il 50% più uno dei senatori e dei deputati, altra condizione non facile da ottenere.
Non da ultimo una nuova legge (ordinaria) elettorale deve fuoriuscire quanto prima dal cilindro del legislatore, da una parte per ridisegnare i collegi di Camera e Senato (operazione che può essere compiuta anche con un atto normativo autonomo), in ragione dell’aumento delle loro dimensioni territoriali a seguito della drastica riduzione del numero dei parlamentari, dall’altra per stabilire un nuovo sistema elettorale, maggioritario, proporzionale o misto individuandone la tipologia, definendo anche la introduzione o meno di preferenze, liste bloccate o entrambe in caso si privilegi il modello proporzionale.
Un ordito normativo estremamente composito e particolarmente complesso (legislativo ordinario, normativo costituzionale e regolamentare parlamentare) che non renderà affatto semplice l’attuazione di quel SI al referendum voluto dal 69,5% dei partecipanti al voto celebrato gli scorsi 20 e 21 settembre.
prof. Fabrizio Giulimondi