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11/12/2020 — L’ITALIA PRESIDENZIALE (E FEDERALE) IMMAGINATA DAL SEN. MANUEL VESCOVI

Questo è veramente un cambiamento epocale richiesto da decenni da ambienti politici, culturali, sindacali, accademici e sociali. Un’autentica evoluzione della c.d. costituzione materiale (ossia di quella vivente che è sorta nel dietro le quinte della Carta del 1948) che trova finalmente una propria forma scritta e ufficiale.

L’Italia della riforma costituzionale Vescovi, oltre a divenire autenticamente federalista, assume la forma presidenziale.

Il “nuovo” Presidente della Repubblica federale italiana, eletto direttamente dal corpo elettorale, assume i connotati propri del Presidente di una Repubblica presidenziale simile a quello statunitense. Il Presidente della Repubblica eletto dal Popolo, oltre i poteri primoministriali che va ad acquisire, mantiene il profilo (che ha avuto sino ad ora) di rappresentante della unità della Repubblica, questa volta, però, federale: diviene referente della federazione e degli Stati che la compongono ed esprime l’unicità dello Stato federale italiano.

Il Governo federale è presieduto dal Presidente della Repubblica che, pertanto, oltre ad essere Capo dello Stato è anche Capo del Governo in veste di Primo Ministro che, in quanto tale, nomina e revoca direttamente i ministri, ulteriori componenti della compagine governativa.

Il Presidente del Consiglio (attuale) non ha alcun potere reale sui ministri, essendo nominati, su sua indicazione, dal Presidente della Repubblica, non rimovibili se non previe consultazioni con i partiti della maggioranza e, in caso di loro rimozione, con un non scarso rischio di crisi di Governo. Il Presidente della Repubblica federale/Primo Ministro – al pari del sindaco di comuni sopra i 15.000 abitanti che nomina e revoca gli assessori – designa direttamente i ministri, revocandoli quando lo ritenga necessario. Pari poteri li possiede il Primo Ministro britannico anche se non ricopre le vesti di Capo dello Stato, ruolo che spetta alla Corona.

Accanto alla figura presidenziale primoministeriale e di rappresentanza dell’unità federale compare quella  del Vicepresidente, dotata di funzioni vicariali del Presidente ogniqualvolta quest’ultimo sia impossibilitato ad esercitare il mandato ricevuto: in via definitiva sino alla cessazione naturale del mandato presidenziale in caso di morte, dimissioni volontarie o impedimento permanente (per cause fisiche o psichiche); in via temporanea quando il Presidente della Repubblica sia pro tempore impossibilitato, ad esempio, per un viaggio all’estero o per malattia temporanea; il Presidente del Senato perde il suo attuale ruolo sostitutivo del Presidente della Repubblica.

Nel caso in cui ad essere impossibilitato sia, invece, il Vicepresidente per le medesime ragioni del Presidente della Repubblica federale, non essendo previsto un ulteriore ruolo di supplenza, il Presidente della Camera dei deputati (che assume, in tale guisa, un ruolo maggiore rispetto a quello posseduto odiernamente) indice entro quindici giorni i comizi elettorali per l’elezione del Presidente che si svolgeranno nei sessanta giorni successivi, determinando l’automatica elezione del nuovo Vicepresidente.

Per essere ancor più espliciti il Presidente della Repubblica e il Vicepresidente sono eletti a suffragio universale e diretto, con elezione contestuale e collegata. L’elezione del Presidente ha luogo con sistema maggioritario ed eventuale turno di ballottaggio. Al primo turno, è eletto Presidente il candidato che ha ottenuto la metà più uno dei voti validamente espressi. Qualora nessun candidato abbia ottenuto la maggioranza richiesta, il quattordicesimo giorno successivo si procede ad un turno di ballottaggio tra i due candidati che hanno conseguito al primo turno il maggior numero dei voti validamente espressi. Al ballottaggio, è eletto Presidente il candidato che ha ottenuto la maggioranza dei voti validamente espressi. Con l’elezione del Presidente, è contestualmente eletto Vicepresidente il candidato a questi collegato.

È di palmare evidenza che sono state snocciolate sino ad ora una serie di numerose e macroscopiche innovazioni costituzionali sia di tipo procedurale che di natura istituzionale:

  1. l’attuale elezione del Presidente della Repubblica si svolge nel Parlamento in seduta comune (ove siedono deputati e senatori unitamente ai tre delegati per ogni Regione, ad eccezione della Valle d’Aosta che ne esprime solo uno), con il quorum dei due terzi dei componenti nelle prime tre sedute e della maggioranza assoluta (il 50% più uno dei componenti) dalla quarta in poi;
  2. il Vicepresidente è configurato come quello statunitense;
  3. il Presidente della Repubblica (federale) non è più indiretta ma diretta, ossia scelto con elezione dal corpo elettorale (come in Francia – semipresidenzialismo – e come negli States – presidenzialismo -, anche se in quest’ ultima ipotesi l’elezione non è veramente diretta);
  4. Sono previsti due turni (in qualche modo la mente si rivolge alle elezioni comunali con popolazione superiore ai 15.000 abitanti): il primo (e non si passa al secondo) se un candidato raggiunge la maggioranza più uno degli elettori; se si passa al secondo turno (due settimane dopo la celebrazione del primo) subentra l’introduzione dell’istituto del ballottaggio: gli elettori debbono scegliere fra i due candidati che hanno ottenuto al primo turno più voti (senza aver raggiunto, ovviamente, la maggioranza assoluta);
  5. Al nominativo di un candidato a Presidente della Repubblica è collegato il nome di un candidato a Vicepresidente della Repubblica: l’elezione, al primo o secondo turno, di un candidato alla Presidenza della Repubblica provoca automaticamente l’elezione del Vicepresidente della Repubblica a lui collegato.

La nuova Italia presidenziale (e federale) immaginata da Vescovi adegua la forma ad una sostanza da anni già mutata, avvicinando l’Italia a sistemi ordinamentali, al pari di quello nordamericano, britannico, francese e germanico, che sin dal loro sorgere hanno mostrato efficienza nelle risposte alle istanze dei cittadini e nella soluzione dei loro problemi.

Sarà mia cura nel prossimo mio articolo descrivere le varie forme di governo, da quella monarchica (assoluta, costituzionale pura, costituzionale parlamentare) a quella repubblicana (presidenziale, semipresidenziale e parlamentare), al fine di comprendere al meglio l’impianto del disegno di legge di riforma palingenetica costituzionale di cui stiamo dissertando da tempo su questo quotidiano.

Prof. Fabrizio Giulimondi