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9/2/23 — SAFE INTERNET DAY: LO SMARTPHONE, OSSIA IL PERICOLO NELLE MANI DEI RAGAZZI

Prof. Fabrizio Giulimondi

L’accesso a internet da parte di ragazzi, anche di giovanissima età, è fortemente trainato dagli smartphone, dispositivi di ultima generazione che hanno ormai sostituito i vecchi telefoni cellulari. Lo smartphone è utilizzato più come un computer che come un ordinario telefono, ed i whatsapp, testuali e vocali, hanno preso il posto delle normali comunicazioni “a viva voce”, potendosi occultare, così, il vero interlocutore.

Questo oggetto può essere portato sempre in tasca e garantire un accesso al web 24 ore su 24, rendendo il ragazzo, almeno potenzialmente, perennemente connesso.

In Italia l’85% degli adolescenti tra 11 e 17 anni usa quotidianamente lo smartphone e il 72% naviga su internet tutti i giorni. Un’abitudine diffusa tra gli adolescenti è quella di controllare lo smartphone come prima cosa appena svegli e come ultima cosa prima di addormentarsi. In media, la maggior parte degli adolescenti è “connesso” dalle 3 alle 6 ore al giorno (se non di più), persino durante le lezioni scolastiche.

Questa premessa fa meglio comprendere l’habitat ove nuovi reati possono sorgere e proliferare, specie quando autori e parti offese sono minori, fruitori, spesso inconsapevoli, spesso in solitudine (ricordiamoci il periodo del lockdown), di servizi apparentemente innocui, ma non poche volte ad alto rischio.

Si possono percepire, dunque, le ragioni dell’ampliarsi a dismisura del fenomeno della pedo-pornografia online: lo sviluppo delle nuove tecnologie e delle comunicazioni digitali ha sicuramente facilitato, da un lato, l’accesso a materiali pornografici, dall’altro, ha moltiplicato le possibilità per gli adulti di entrare in contatto con bambini e adolescenti, di parlare ed interagire con loro.

Si tratta di un fenomeno complesso, in grado di porre numerosi interrogativi e criticità, sia sul versante dell’elaborazione di adeguate politiche penali e di prevenzione, sia sul piano delle concrete attività investigative, che si confrontano con le problematiche legate tanto all’ambito informatico d’indagine, quanto alle peculiarità dei fenomeni d’abuso sessuale su minori.

L’universo telematico è a-spaziale e a-temporale e, di rimando, il contrasto alla pedo-pornografia online, all’adescamento digitale dei minori e al Child Sexual Abuse Material, deve avvenire soprattutto in sede sovranazionale ed internazionale, anche in ragione della crescita esponenziale del pedo-business, che vede coinvolti persino neonati.

Non è azzardato qualificare la pedo-pornografia come un “crimine contro l’Umanità”, nei confronti del quale le Istituzioni democratiche sono tenute ad intraprendere azioni di contrasto per garantire a tutti i bambini i diritti sanciti nella Convenzione internazionale sui diritti dei minori del 1989 e ratificata in Italia nel 1991: l’abuso e lo sfruttamento sessuale violano l’”Io” più intimo del bambino, provocando danni fisici e psicologici, talora irreparabili, che possono traumatizzare le vittime anche per tutta la vita.

Il contrasto all’abuso sessuale ed allo sfruttamento sessuale dei minori costituisce una priorità per l’Unione europea ed implica, anche, una serrata lotta alla criminalità organizzata ed alla tratta di esseri umani. La strategia comunitaria per il periodo 2020-2025 cerca di fornire una risposta globale alla crescente minaccia degli abusi sessuali su minori, migliorandone la prevenzione, le indagini e l’assistenza alle vittime. In particolare, la Commissione sosterrà le forze di polizia nazionali per tenere il passo con gli sviluppi tecnologici.

La tecnologia, difatti, è il mezzo primario per l’individuazione dei “luoghi virtuali” ove i crimini si perpetrano, ma non solo. La collaborazione con i “Giganti del web” è necessaria per contrastare il fenomeno di cui trattiamo, diffuso in ogni piega di internet e nascosto in ogni suo anfratto, sino a celarsi addirittura dietro e dentro siti fake riproducenti marchi famosi di intrattenimento per bambini e adolescenti, utilizzati, invero, per offrire prodotti pornografici o come strumenti di adescamento.

L’accertamento dell’età dei fruitori del web è prioritario per impedire l’accesso alla rete prima di una certa età, ben sapendo che il minore tende ad occultare la sua vera età. Certamente è necessaria un’attività di regolazione pubblica, nazionale, unionale ed internazionale, con il supporto e la collaborazione dei gestori delle piattaforme digitali.

Le piattaforme, essendo prevalentemente statunitense, si rifanno, in merito all’età di accesso, al Children’s Online Privacy Protection Rule (“COPPA”) del 1998, che la fissa al tredicesimo anno, mentre il regolamento europeo 2016/679 la individua nel sedicesimo anno, abbassata al quattordicesimo anno, in sede nazionale, dal d.lgs. 101/2018, salvo il consenso dei genitori per età inferiori.

Sicuramente occorre prevedere che i fornitori di servizi debbano mettere a disposizione degli utenti sistemi di parental control, ovvero filtri o blocchi a contenuti inappropriati per i minori.

La possibilità di impedire al minore di aggirare siffatti sistemi dovrebbe risiedere nella concessione della facoltà di disattivarli solo e soltanto al titolare maggiorenne del contratto, il quale deve essere preventivamente identificato per abilitarlo all’effettuazione delle operazioni.

Diciamolo con franchezza: la norma viene dopo, è una risposta che interviene quando, forse l’irreparabile, è già avvenuto. Il problema deve essere risolto prima e non spetta al diritto, o almeno non spetta a quello penale. La questione dei minori, soggetti di per sé fragili e vulnerabili, del loro libero accesso al mondo virtuale in continua espansione, sul quale hanno posato gli occhi da tempo i grandi operatori economici e finanziari, è l’autentico problema.

La pornografia e dei suoi derivati, il sexting, il porn revenge, il cyberbllismo e lo slut-shaming, la “pseudo pedo-pornografia infantile” e quella vera e propria, appartengono alla dimensione del “pre-giuridico”, alla sfera sociologica, psicologica, psichiatrica e dell’età evolutiva, alla sfera affettiva, familiare ed educativa: per la soluzione del problema – o almeno per un suo ridimensionamento – occorre affiancare agli strumenti giuridici, normativi ed investigativi, queste discipline.

La “pornificazione” dell’esistenza e della sessualità umana sin dalla sua più tenera età è una realtà cui occorre dare risposte in sinergia fra le multiformi sfaccettature del sapere, con la collaborazione di tutti i soggetti, pubblici e privati, nazionali e sovranazionali, coinvolti: rafforzare l’armonizzazione della normativa di contrasto a livello internazionale, che costituisce un tassello indispensabile ogni qualvolta occorra avversare un fenomeno dalle dimensioni transazionali; la necessità di un’adeguata cooperazione fra gli imprenditori privati che gestiscono la rete e gli organi investigativi e giudiziari. Non dimentichiamo che nei “computer crimes” gli elementi di prova tendono ad aver vita breve, a causa della volatilità ed immaterialità della comunicazione e della cancellazione periodica, da parte degli amministratori di sistema, delle tracce della navigazione da parte degli utenti.  Per tale ragione, il decreto del Ministero delle Comunicazioni dell’8 gennaio 2007 impone ai providers di dotarsi di sistemi in grado di oscurare i siti che diffondano, distribuiscano o commercino immagini pedo-pornografiche.

Il minore diviene autore e vittima, carnefice, utente, libero fruitore e parte offesa, in questo tritacarne sessuale potenziato alla ennesima potenza dalla immaterialità del web e dei social.

Concludo con le parole di Antonio Morra, tratte dal suo libro “Pornolescenza”: “La nuova generazione deve imparare a smettere di preoccuparsi delle opinioni della massa. Deve imparare a combattere la pressione dei propri coetanei. Se vogliamo che i nostri figli siano forti, dobbiamo insegnare loro a pensare con la propria testa e a lottare per i propri valori.”.

Prof. Fabrizio Giulimondi

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