SMART WORKING DA SCONOSCIUTO A SOLUZIONE DA UTILIZZARE ANCHE POST COVID?
Giocoforza, milioni di lavoratori italiani da oltre un anno si sono ritrovati nella condizione di dover operare da casa. Intanto, una doverosa premessa: chi ha avuto questa possibilità si deve ritenere decisamente fortunato perchè sappiamo benissimo che tanti nostri connazionali si sono ritrovati, da un momento all’altro, senza occupazione con tutte le drammatiche conseguenze del caso. Detto ciò, è entrato prepotentemente in vigore il lavoro agile, ovvero lo smart-working che è stata la vera salvezza per molti. Dopo un iniziale periodo di “apprendistato” ci siamo accorti che, per un buon numero di professioni, ovviamente in primis quelle che non hanno un necessario e diretto contatto col pubblico, lavorare dal proprio domicilio era possibile e la produttività non ne sarebbe stata danneggiata. Ovviamente, è fondamentale essere persone responsabili e non puntare a sfruttare a proprio piacimento il fatto di poter svolgere l’attività lavorativa dal salotto di casa. Le statistiche, se non erriamo, ci dicono, tra l’altro, che il rendimento in regime di smart-working non è sceso ed anzi in alcuni casi si registra un aumento della produttività. Certo, non essere in ufficio, non permette il dialogo o lo scambio di vedute immediato con i colleghi, la socialità è notevolmente ridotta e magari, col persistente utilizzo della didattica a distanza, chi ha figli piccoli ha magari avuto bisogno di più tempo per trovare la “quadratura del cerchio”. Fatto sta che, ora, all’avvicinarsi di un momento i cui, come tutti ci auguriamo, il Covid non sarà più così temibile, si parla, comunque, di mantenere un’aliquota del personale in modalità agile, ovvero permettergli di continuare a lavorare dalla propria residenza. Vedremo, dunque, che metodo verrà adottato per decidere chi dovrà rientrare in sede e chi, invece, potrà ancora operare pure lontano dal suo abituale posto di lavoro; resta il fatto, comunque, che una volta scoperta questa opportunità, forse si sta capendo che non sia una pratica da utilizzarsi solamente in situazioni emergenziali. Come per tutte le cose, naturalmente, ci sono dei pro e dei contro, vantaggi e svantaggi, ma sembra che posti sul piatto della bilancia, alla fine siano maggiormente i fattori positivi che quelli negativi. Quindi, questa, almeno per la gran parte di noi, inedita forma di lavoro, non verrà archiviata, ma rimarrà come opportunità che, se gestita al meglio, potrà essere sfutttata ancora da un certo numero di lavoratori. All’estero, anche prima della pandemia, in alcuni Stati non era una forma così inusuale, mentre da noi, come detto, pressochè sconosciuta. Se, però, dovesse essere istituzionalizzata, dovranno essere messe in atto determinate regole e normative che, al momento, forse non sono così presenti. Una cosa è, a mio avviso, uno smart-working a tempo determinato, un’altra è vederlo consolidarsi nel tempo pure in condizioni di assoluta normalità. Non spetta certo a noi, dare le linee guida, ma è auspicabile che chi di dovere s’impegni, dunque, per rendere più strutturato possibile il lavoro cosiddetto agile.
Maurizio Filippini