MOBILIS IN MOBILE, MOBILE NELL’ ELEMENTO MOBILE: LA RICERCA DI UNA TERRA FERMA NEL BEL MEZZO DI UNA TEMPESTA PERFETTA
Nulla è più inesorabile dell’ ineludibile. E che non si sarebbe giunti allo scioglimento immediato delle Camere per addivenire subito a nuove elezioni, lo si era già detto in queste pagine, allorchè se è vero che nessuno tra deputati e senatori mai avrebbe in realtà permesso di staccare la spina all’ attuale legislatura stante il fatto che per molti di loro, per lo più disoccupati, avrebbe significato il ritorno al precariato e al loro nulla esistenziale, è anche vero che del ragionamento fatto dal Presidente della Repubblica tutto si può dire meno che non sia stato pragmatico ed intellettualmente onesto.
E credo infatti nessuno possa ragionevolmente dubitare che sarebbe stato letale il lungo percorso per addivenire alle nuove elezioni. Un periodo di transizione che avrebbe comportato la permanenza in carica del Conte bis che passerà alla storia come uno dei peggiori governi della Repubblica per la sua incompetenza che è stata pari solo alla sua supponenza. Un Conte bis per di più azzoppato nel bel mezzo di una situazione attuale a dir poco drammatica.
Una situazione che avrebbe fatto si che, appurato che nessuno degli altri Paesi necessitanti di liquidità avrebbe certo accettato proroghe per aspettare l’ Italia ed i suoi fantasiosi quanto impresentabili progetti, il termine di presentazione di questi sarebbe stato fermo con la conseguenza della loro inesorabile bocciatura portandosi con se l’ addio a ogni forma di finanziamento europeo se non sotto forma di veri e propri prestiti…..altro che occasione irripetibile.
Diciamocelo francamente: solo nella mente contorta e confusa di Conte e dei suoi per lo più sprovveduti ministri, potevano essere fantomaticamente denominati Recovery plan quella accozzaglia di provvedimenti messi li alla confusa, ove al di la delle elemosine di Stato a pioggia a soddisfare gli appetiti di questo o quell’ amico, pressoché nulla vi era di realistico per la c.d. Next generation se non il pesante debito da lasciare loro in eredità. Altro che Stati generali.
Questo e nulla altro nelle motivazioni del Presidente, in quanto, diciamocelo altrettanto francamente, poco credibile l’ altra motivazione della impossibilità tecnica di votare causa pandemia visto che in altri Paesi si è regolarmente votato e non sarebbero certo mancati i modi di effettuare in sicurezza non solo le votazioni in senso stretto, ma anche le propedeutiche campagne elettorali.
La necessità di un Governo istituzionale o di un Governo di transizione o di scopo con un orizzonte temporale ben definito era quindi ed è la soluzione migliore a patto che questo poi, portata l’ imbarcazione su un mare maggiormente calmo, si indirizzi poi inesorabilmente verso una fine anticipata della legislatura con la indizione di nuove elezioni immediatamente dopo l’ elezione del nuovo Presidente della Repubblica. Il problema infatti non è l’ uomo al comando, bensì il fatto che anche il tecnico dovrà poi inesorabilmente camminare sulle gambe della politica dalla quale trarre i voti per dare attuazione ai vari ed indispensabili provvedimenti che dovranno essere intrapresi.
In fondo è questo il vero problema: maggioranze allargate, maggioranze di volta in volta variabili a seconda dei provvedimenti o unità nazionale? Più facile a dirsi che a farsi. Ed è per questo che al momento in cui si scrive non è ancora dato sapere se avremo un Governo squisitamente o ibridamente tecnico, ovvero politico come da più parti viene reclamato. Ogni scelta ha le sue insidie ma qualunque essa sia rimane una unica verità sullo sfondo: la centralità del Parlamento e la necessità di andare li a trovare i voti che saranno di volta in volta necessari.
Poste ormai chiare le posizioni di Italia Viva e di Forza Italia come del PD, ci sarà da vedere se questo a destra verrà controbilanciato dalla Lega atteso che Fratelli d’ Italia andrà sicuramente nella migliore delle ipotesi verso un appoggio esterno. Tutte da decifrare a questo punto quale sarà la posizione che vorranno assumere i Cinque stelle.
Comunque vada non è come non si veda che sul piatto della bilancia vi saranno aspettative agli antipodi dal reddito di cittadinanza a quota cento, dalla tassazione progressiva alla flat tax, per non parlare poi delle politiche di lavoro, opere pubbliche, scuola istruzione ed innovazione, attesa la visione del futuro diametralmente opposta.
Non è quindi in discussione lo spessore dell’ uomo designato da Mattarella a trarre in salvo il Paese al di fuori di quella che può essere ragionevolmente definita una tempesta perfetta, quanto piuttosto le sue reali possibilità di poterlo fare. E Dio sa di quanto ne abbiamo bisogno per la nostra economia e per la nostra stabilità.
“La sostenibilità del debito pubblico in un certo Paese sarà giudicata sulla base della crescita e quindi anche di come verranno spese le risorse di Next Generation Eu”. Questo infatti il principio uscito dal rapporto 2020 sulla ristrutturazione delle imprese dopo l’epidemia del G30, ovvero il think tank di consulenza economica, finanziaria e monetaria nel quale non a caso siede lo stesso Presidente incaricato unitamente a Raghuram Rajan, noto economista ed ex governatore della Reserve Bank of India.
E tutto questo senza contare gli effetti della pandemia e del post pandemia: “Ci troviamo di fronte a una guerra contro il coronavirus e dobbiamo muoverci di conseguenza”, sono ancora le parole di Mario Draghi nello scorso marzo al Financial Times. “Il costo dell’esitazione potrebbe essere irreversibile”, ha quindi aggiunto. Praticamente aveva anticipato quelle che sono poi state le parole del Presidente Mattarella allorchè decideva di conferirgli l’ incarico.
E se come è stato detto le economie globali si avvicinano “al bordo di una scogliera” è stato anche detto che dovremo ora attenderci una seconda ondata anche nelle conseguenze economiche della pandemia, così che dopo la prima ondata segnata da una crisi di liquidità delle imprese, segue ora la seconda, nella quale il problema saranno le insolvenze: altro che no performing loans.
E ben note sono allora al riguardo le ricette di Mario Draghi in proposito. Ricette da tempo annunciate immediatamente dopo aver lasciato la BCE di cui è stato Governatore e che si riassumono su due punti essenziali il primo dei quali sarà quello di puntare dritto verso il sistema delle piccole e medie imprese ed il secondo quello della collaborazione pubblico privato.
Se da una parte andranno quindi individuati su quali “stakeholders” puntare, dall’ altra anche su quale generazione (l’attuale o la futura) far cadere i costi degli interventi attraverso politiche pubbliche di spesa molto selettive. E su questo non si ha nemmeno dubbio su che cosa intende il Presidente Draghi allorchè parla di sostegno ed il ruolo centrale che in esso assumono sia le banche che gli investitori: ritenute le prime di un expertise decisamente maggiore nel valutare la redditività delle aziende, e sicuramente meno dipendenti dalla politica, ed i secondi quelli maggiormente interpreti delle regole di mercato e la sua selettività naturale asimmetrie informative permettendo.
Gli interventi dovranno quindi puntare al capitale finanziario delle imprese più che sui prestiti, come invece è avvenuto nella prima fase, che ha creato il rischio di un sovra indebitamento insostenibile delle aziende.
Di qui tuttavia a forme di sussidi agli investimenti in capitale, a cominciare da parziali deduzioni fiscali proprio come il tema caro alla Lega.
E poi il suo pensiero per i giovani allorchè già la scorsa estate fu accolto con entusiasmo il suo intervento per questi dal momento che chiedeva ai Paesi di intervenire per garantire un futuro alle nuove generazioni proprio attraverso una maggiore liquidità alle imprese sostenendo i relativi redditi, anche a discapito dell’aumento del debito.
“Whatever it takes” (qualsiasi sacrificio, qualunque cosa serva) ebbe a dire nel luglio del 2012 per fermare i mercati e fare da scudo ai Paesi per i loro debiti sovrani e che gli valse un capitolo nei libri di Storia. E fu una ricetta vincente attraverso quel quantitative easing con il quale di fatto ha cambiato la “cassetta degli attrezzi'”della Bce senza snaturarne il ruolo, ma con la quale è indubbio salvò l’ Europa e l’ Italia in primis. Si auspica allora che analoga ricetta egli riesca a trovare per questo strano Paese così frammentato dal punto di vista sociale, così politicamente diviso e così sfiduciato e quasi rassegnato.
Ma molto dipenderà anche e soprattutto dalla coerenza di coloro che allorchè solo pochi giorni fa invocavano la responsabilità per salvare le loro poltrone. Si spera che ora questa responsabilità (ora quella vera) venga da questi dimostrata nel non voler perseverare nelle loro richieste assurde in relazione al fatto di voler preservare per forza alcune loro politiche disastrose come reddito di cittadinanza e ostracismo verso le opere pubbliche e molto altro, rimettendosi con umiltà nelle mani di soggetti sicuramente più competenti ed attrezzati.
“Il futuro? Chiedete a mia moglie”, disse Draghi lasciando la Bce alla guida di Christine Lagarde. La stessa domanda la vorremmo fare ora noi ma non alla di lui moglie ma a lui stesso e vorremmo tutti immaginare che a questa domanda segua una risposta.
Mauro Mancini Proietti